21/2 – Al Goldoni donate la statua di PIETRO MASCAGNI e il ritratto del tenore GALLIANO MASINI

Al Goldoni la statua di Mascagni e il ritratto del tenore Masini
Consegnano le opere gli eredi dei due artisti: Andrea Pelagatti e  i fratelli Bartoli

La Fondazione Teatro Goldoni si arricchisce di un’ulteriore donazione artistica, anzi di una doppia donazione,  che contribuirà a fare del Teatro non solo un tempio della musica e della recitazione, ma un polo culturale capace di catalizzare ogni forma di espressione artistica.
Mercoledì 21 febbraio alle 17, nella sala Massimo de Bernart del Teatro, si svolgerà la cerimonia ufficiale di consegna di due pregevoli opere: “Omaggio al tenore Galliano Masini”, un olio su tela che porta la firma del maestro labronico Dino Pelagatti e la scultura “Pietro Mascagni”, dei primi del ‘900, realizzata dall’artista, anch’esso labronico, Umberto Bartoli.
Due opere che non potevano certo trovare migliore collocazione per i personaggi raffigurati: il grande compositore Mascagni e  il tenore Galliano Masini, autentici protagonisti della gloriosa storia del Teatro.
A consegnare le opere saranno gli eredi dei due artisti: Andrea Pelagatti e Sergio e Giovanni Bartoli. Partecipano alla cerimonia l’Assessore alla Cultura del Comune di Livorno Francesco Belais ed il Direttore generale della Fondazione Goldoni Marco Leone. “Omaggio al tenore Galliano Masini”  è un olio su tela che Dino Pelagatti (1932-2016) realizzò nel 1986. Un’opera unica nell’ambito della produzione artistica del maestro che era legato al tenore da profonda amicizia. Il quadro raffigura Masini nei panni di Canio nell’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Una tela intensa – commentano gli eredi di Pelagatti – che testimonia tutta l’ammirazione che Dino nutriva verso il tenore con cui, tra l’altro, amava intonare arie d’opera.
Del celebre scultore Umberto Bartoli ( 1888-1977) la piccola scultura in legno di noce raffigurante “Pietro Mascagni” nell’atto di dirigere l’opera Isabeau. Risalente ai primi anni del ‘900, la statuetta è già stata presentata alla città in occasione del 120° anniversario della prima rappresentazione di Iris del dicembre scorso.

Dino Pelagatti, nasce a Livorno il 2 agosto 1932 e fin da piccolo è a contatto con colori e pennelli. La sua vocazione è la pittura e verso gli anni ’60 decide di dedicarsi interamente ad essa, divenendo così un artista professionista. I dipinti del periodo giovanile risentono ovviamente della matrice derivata dalla “macchia” toscana, ma via via il suo linguaggio si personalizza contribuendo alla corrente del rinnovamento nel “secondo novecento livornese”, rispetto alla Scuola Labronica della prima metà del secolo. Pelagatti quindi inserisce un suo discorso particolare, sempre teso alla ricerca di positive evoluzioni, pur rimanendo nel campo figurativo. I suoi dipinti spaziano in una vasta gamma di tematiche: dalla figura che egli predilige, ai temi della vita del mare, dei cantieri, dei campi, dei caffè ecc., sempre in uno spirito di aperta socialità e con suggestiva espressività. Le sue figure, dalle fanciulle con le loro forme seducenti, alle contadine chine nei lavori campestri, ai pescatori dal moto ritmato, danno all’osservatore l’immediata percezione del movimento, dei colori dell’atmosfera in cui vivono con una delicatezza ed una plasticità non comuni. Opera sia nel piccolo e medio formato che su tele di elevate dimensioni: anzi, talora, raggiunge proprio i più alti vertici espressivi in queste opere di maggior respiro, niente perdendo in liricità, armonia cromatica e focalità. Sia nelle scene di massa che nelle singole figure, come nelle nature morte, l’ispirazione si realizza con tecnica sicura e squisita: i suoi controluce (prediletti dall’Artista), i colori soffusi, i diafani veli, i fantasiosi giochi cromatici, suggeriscono allo spettatore emozioni vibranti e sincere e vive appassionate partecipazioni.

Umberto Bartoli nasce il 4 aprile del 1888 a Livorno da una famiglia di modeste condizioni. Rimane orfano di padre all’età di 5 anni e viene accolto all’istituto Pascoli (allora era un ricovero per vecchi e ragazzi indigenti a cui veniva data la possibilità di imparare un mestiere). Vi rimane 10 anni nel corso dei quali viene messo a lavorare, prima in un laboratorio di sartoria,  e poi di falegnameria dove si dedicherà all’intaglio.
La sua carriera artistica inizia dunque come artigiano-intagliatore, una versatilità che non abbandonerà mai nel corso della sua produzione.
L’inizio della sua carriera è databile al 1909 quando partecipò ad una prima mostra alla Galleria di Bottega d’Arte con una sua opera in legno di pero “ Abele morente”.
Verso la fine del primo decennio  del ‘900 lascia Livorno per trasferirsi a Firenze con l’obiettivo di completare la sua formazione artistica (Bartoli non ha mai frequentato studi di scultori o accademie) . A Firenze entra a lavorare nello studio dell’architetto Coppedè, uno dei più noti della città, caratterizzato  da un gusto verso il decorativismo e motivi floreali. E sempre a Firenze matura l’interesse per il restauro, attratto dalla bellezza del legno dei mobili d’antiquariato.
Sono  numerose le fonti di ispirazione a cui il Bartoli si rivolge per le sue opere: la famiglia, la natura ed anche la musica. A lui si devono numerosi medaglioni di musicisti, geniali creatori di armonie. Particolari anche le risse: scultore in legno che prendono spunto dal mondo popolaresco della sua Livorno.
Dopo il 1920 il Bartoli lascia lo studio Coppedè per aprire una sua “bottega” che poi diventa “scuola d’intaglio”. Inizia il periodo delle opere religiose: i crocifissi, i santi, le Pietà, le Madonne. Nel 1926 viene nominato membro dell’Accademia Fiorentina delle Arti e del Disegno. Nel 1928 partecipa al concorso Coppedè e ottiene il 2° premio con un’opera dedicata a San Francesco.
La sua produzione artistica, sempre aperta a nuove forme di espressione, è stata copiosissima. Chiese e sacrestie di Firenze e della Toscana sono ricche delle sue opere. In generale le sue opere di carattere religioso sono state di commissione mentre quelle di carattere profano nascono dalla fantasia e dall’estro del momento.
Umberto Bartoli muore il 1 luglio del 1977.

 

 

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