Teatro Goldoni - Dal 02 Febbraio al 03 Febbraio 2018
Orario/i: 21

 

Prosa

GIULIO CESARE

Venerdi 2 e sabato 3 febbraio, ore 21
Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale
Giulio Cesare
di William Shakespeare
Traduzione di Sergio Perosa
adattamento e regia Alex Rigola
con Michele Riondino
e con  Maria Grazia Mandruzzato, Stefano Scandaletti, Margherita Mannino, Leda Kreider ,
Francesco Wolf, Eleonora Panizzo, Pietro Quadrino/Eleonora Bolla, Riccardo Gamba,
Laia Santanach,  Beatrice Fedi, Davide Sportelli

spazio scenico Max Glaenzel
spazio sonoro Nao Albet illuminazione Carlos Marquerie
costumi Silvia Delagneau
assistente alla regia Lorenzo Maragoni
Produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale

William Shakespeare scrisse Giulio Cesare nel 1599, ispirandosi in parte a fatti storici e in parte alla traduzione di Sir Thomas North delle “Vite dei nobili greci e romani” di Plutarco. L’opera comprime i tre anni che vanno dalla vittoria di Munda nel 45 a.C. al suicidio di Bruto nel 42 d.C. per farli durare meno di sei giorni. Questa compressione degli eventi fa sì che l’intera narrazione sia un unico, ininterrotto conflitto, sia a livello personale che politico.
Un conflitto che attraversa anche la nuova versione del più celebre dramma storico shakespeariano, affidata dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale allo spagnolo Àlex Rigola, e che trova in Michele Riondino, apprezzato attore di cinema, teatro e televisione, l’interprete ideale per il ruolo del nobile Marco Antonio.
Direttore della Biennale Teatro di Venezia, Rigola realizza la sua prima regia italiana tornando all’opera che lo fece scoprire a livello internazionale. Un testo epico, intenso ed appassionante, che ruota intorno all’esercizio del potere, in questa versione impersonato da una donna, Maria Grazia Mandruzzato, nel ruolo di Cesare.
In lei si raccolgono le tante espressioni di “donne al comando” che al giorno d’oggi, nella politica come nell’economia, gestiscono le leve del potere con la stessa inflessibile determinazione dei loro omologhi uomini, se non di più. È la dimostrazione che, al di là delle questioni di genere, tutta l’umanità è per sua natura soggiogata dalla fascinazione che esercita il predominio dell’uno sull’altro. Del resto chi incarna il potere ha gioco facile nel condizionare un’umanità alienata, immobile, ferma sulle proprie posizioni, quasi rassegnata, riluttante a mettersi in gioco per cambiare lo stato delle cose.
Vivere appesi ad un filo, in uno stato di precarietà, di contraddizione continua, di violenza pervasiva e latente: da questa condizione umana prende avvio la strada che Rigola ha scelto di percorrere per guidare il lavoro dei 12 attori in scena. Come si può gestire la violenza che divide gli uomini? Come si fa a chiedere a qualcuno, anche se solo per finzione, di uccidere un proprio simile? Quali sono i presupposti da cui partire per organizzare una rivoluzione?

 

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