In attesa de “Le Maschere” davanti al Teatro la Skull Parade

In attesa de “Le Maschere” di Pietro Mascagni, in scena venerdì 10 e sabato 11 febbraio ore 20, davanti al Teatro Goldoni una mostra trasversale, originale, curiosa e sorprendente in collaborazione con la Fondazione Carnevale di Viareggio e con alcuni pittori del Lu.C.C.A il Lucca Center of Contemporary Art: The Skull Parade – Il tempo della vanità
Artigiani-artisti internazionali si sono confrontati con l’archetipo del teschio: un volume a tuttotondo di 165x120x180 cm, inizialmente assolutamente bianco, pronto ad accogliere le sollecitazioni di ciascun creativo con la massima libertà espressiva evidenziando le simbologie e i riferimenti esoterici più utilizzati nel corso della storia dell’arte occidentale quali la vanità e lo scorrere del tempo. Ne è nata una mostra trasversale, originale, curiosa e sorprendente che ha messo a confronto pensiero e azione, idea e narrazione, progetto e racconto, concetto e simbolo. Ne sono scaturiti teschi-scultura decorati, istoriati, simbolici, alchemici, esoterici, surreali, metafisici e ironici.  Ogni lavoro rappresenta lo spirito rinnovato di un Carnevale che, nel rispetto dell’evoluzione antropologica mondiale, si mostra come “allegoria” di una maestria senza tempo che, tramandatasi da padre a figlio, da maestro ad apprendista, unisce tradizione e innovazione.
Il Teschio, motivo ricorrente nell’iconografia classica di molte culture, è sicuramente uno dei simboli più controversi nelle storie esoterica dell’uomo. Se ad una prima osservazione potrebbe esprimere un valore negativo di morte, una visione pessimistica e fatalista, nella tradizione popolare degli abitanti di Tibet, Laddak ed India, così come per la gente del Sud America (anche se in un contesto più complesso: basti infatti pensare alla Festa dei Morti in Messico), ed ancora per le razze del nord, come quella Celtica, è considerato molto positivo, simboleggiando soprattutto la ciclicità della vita che si esaurisce: i suoi connotati, quindi, non solo negativi. Per gli orientali è visto come la rappresentazione della conoscenza, della saggezza degli antenati desiderosi della guarigione del e per il proprio popolo. In Tibet, dov’è particolarmente amato, viene ritenuto emblema della caducità della vita, immagine di ciò che è stato e di ciò che è, dell’esistenza che in esso è stata contenuta e che rappresenta.

 

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